Incontri D'Autore

Viaggio nella storia e nella cultura del gusto, serata di inaugurazione 

"Fantasia, Tradizione e Innovazione"

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foto di Matteo Saraggi

Parlare di Asti e della sua storia significa andare a ritroso nel tempo in cui i Cavalieri rossocrociati, difensori della Fede, ponevano le loro basi in luoghi scelti secondo una regola ben precisa dettata più dall'esoterismo che dalla strategia.
Sono i Cavalieri Templari che grande ruolo ebbero nella storia della nostra penisola e di Asti ai tempi in cui i Cavalieri del Santo Sepolcro erano i paladini della Cristianità, non a caso l'esercito comunale astese partecipò a tutte le Crociate e Asti fu una precettoria importante.
Che ad Asti possedessero dei beni lo conferma una bolla di papa Clemente V, datata 1312,in cui il pontefice incarica i vescovi astigiani di trasferire i beni dell'Ordine dei Cavalieri Templari ai Gerosolimitani.
Ma facciamo un passo indietro per ricordare che Clemente V, e Filippo il Bello, passarono alla storia per la sanguinosa repressione degli "eretici" e per avere soppresso in modo cruento l'Ordine dei Templari. La studiosa e scrittrice della storia dei Templari, Bianca Capone, cita Asti come importante precettoria, in questa città fu indetto un Capitolo Generale presieduto da Aymericus de Salutiis, precettore di tutte le case templari d'Italia: Asti aveva anche giurisdizione su tutte le case del Piemonte.Asti medioevale, con il suo presente legato al passato, alla storia, alle tradizioni e alla cultura, ci conduce attraverso la porta del Tempo con il suo Palio, tra i più antichi d'Italia, combattuto tra i vari Borghi medioevali e tra questi spicca quello di San Secondo, Patrono della città.
Sorto durante il periodo Longobardo, attorno alla chiesa dedicata al santo Patrono, come presidio militare e luogo della corte, ad opera di Gundoaldo duca di Asti, fratello di Teodolinda, regina dei Longobardi e regina d'Italia dal 589, ben presto il Borgo divenne residenza di famiglie di mercanti che iniziarono il commercio con la Francia.
In seguito Asti ottenne il diritto che consentiva ai mercanti di svolgere il loro commercio su tutto il territorio imperiale e la Collegiata, o chiesa di San Secondo, divenne il luogo di culto della borghesia mercatale che si contrapponeva a quella patrizio-vescovile della Cattedrale. Attorno ad essa sorse un nuovo quartiere con portici, piazze, vicoli, strade e abitazioni che presero il nome delle corporazioni che vi abitavano e nel borgo di San Secondo ancora oggi si possono trovare i portici degli orefici, le vie dei cestai, dei librai, dei cappellai, dei drappieri, dei pellicciai, degli armaioli, e la chiesa con la sua piazza e i suoi palazzi divennero sedi commerciali, liturgici, politici e di divertimento, con i principali palazzi ed edifici storici tra cui il Palazzo del Comune, quello del Podestà (o dei Notai), il Palazzo degli Spagnoli, la Torre Troyana (o dell'Orologio) con il Palazzo del Governatore e la Canonica Causarum dove si svolgeva la giustizia.
Importante centro di scambi commerciali e bancari che operavano in tutta Europa, Asti si abbellì di numerose torri che gli valsero il nome di "Città delle cento Torri", e numerose caseforti. Nacquero le "casane", istituti di credito su pegno, che prestavano somme di denaro facendosi consegnare, come garanzia, terre e castelli.

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Oggi molti di questi palazzi pur conservando l'antica veste medioevale sono stati trasformati o meglio "si è restaurata la storia..." e un tuffo nel passato e nel "restauro" ci viene proposto dal ristorante-enoteca "Piola&Crota" ambientato in spazi architettonici ricavati dalle cantine dello storico palazzo che nel XIV secolo fu sede di un convento di frati Certosini, situato nell'antica via Cesare Battisti, nel Rione di San Secondo.
Un angolo suggestivo dove a ritroso nel tempo, sotto scenografiche volte si può "Rivivere il passato, gustare il presente", come è scritto sul depliant di presentazione.
Elegante, raffinato, perfetto in ogni dettaglio, accurato nel servizio attorno a cui ruota uno staff di giovani professionisti, sempre attenti ad ogni vostra esigenza. In sala potrete godere dell'accoglienza di Silvia: semplice... ma con carattere, in perenne movimento da un tavolo all'altro per chiedervi se va tutto bene, ma anche per raccogliere qualche vostro pensiero come farebbe un'amica da lunga data, tanto da farvi sentire come in famiglia!
Accanto a lei ruota il mondo della cucina: uno staff di professionisti di sala e di cucina e uno chef emergente, Luca Tomaino, che propone la tradizione con un pizzico di coreografia per quel classico dire che anche l'occhio vuole la sua parte.
Da martedì a domenica il ristorante vi delizierà con pranzi e cene e a voi non resterà che l'imbarazzo della scelta tra le varie specialità.
Ci sono piatti che sono la memoria del tempo e che chef del nostro secolo propongono nelle versioni tradizionali ma adattate ai gusti e alle esigenze attuali, veri e propri spazi di cultura del gusto, espressioni di un'antica cultura del cibo riportate agli antichi splendori con un tocco di raffinatezza e professionalità.
Decisamente un tuffo nei sapori della memoria e un menù che rispetta il ritmo naturale delle stagioni ma sempre in grado di offrire piatti che sono il risultato di una ricerca di preziose ricette storiche. Allettanti proposte di piatti tradizionali i cui ingredienti racchiudono tutta la storia gastronomica recuperata da testi antichi, appunti che sono un patrimonio da preservare perchè racchiudono la cultura del cibo tipica delle nostre terre: un'arte preziosa, da conservare e tramandare.

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Ho trovato nella Piola&Crota un cibo per emozioni e sensazioni: sapori "adattati" ma fedeli alle proprie origini. Qui la creatività, la fantasia e l'innovazione sono una perfetta simbiosi tra passato e presente, "l'etnico", il "famulo strano", non sono usati o mescolati a quella che è la cucina tradizionale del nostro territorio e unica valida concessione è l'ottimo abbinamento con prodotti tipici piemontesi : dalla salciccia di Bra, alla tartrè; dal prosciutto crudo valdostano, il Jambon de Bosses di Saint-Rhomy agli asparagi di Revello; dai tomini di Melle ai tajarin impastati come vuole la tradizione locale, con ben 32 uova; dal lardo al ginepro di Venasca alla sfoglia calda di Fontina con ratatuia di cardo gobbo di Nizza Monferrato e topinambour.
Non ho quindi pianto davanti ad un hamburger o un panino come dice il simpatico Edoardo Raspelli "Ciuf- ciuf", o un surgelato-precotto, non mi sono disperata davanti ad un cous cous, non mi sono disagiata davanti alla bistecca di struzzo o ad un sushi, che pare vadano molto di moda: tutti piatti che di "tipico"... non hanno nulla se non un'invadente esibizione fuori luogo!
La vera bravura non sta nell'inventare nuovi spazi anacronistici e dissacratori della nostra cucina italiana che si sta proponendo, con altre cucine europee all'UNESCO, "da preservare come Patrimonio dell'Umanità" ma sta nella ricerca delle tradizioni storiche e nelle nostre radici e  nella rielaborazione dei vecchi ingredienti adattati alle nostre esigenze e ai nostri gusti attuali.
Come si legge sul depliant del ristorante: "Rivivere il passato gustare il presente".

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