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Presso la Galleria FRAGILE, a Milano, dal 5 aprile al 12 maggio 2024

Una Ferrari tenuta neanche nel box, in cantina. Così si potrebbe definire, in modo colorito na efficace, la sorte che è toccata alle realizzazioni di ARREDOLUCE, la classica azienda brianzola nata in uno scantinato negli anni Quaranta dalla fantasia, creatività e capacità manuale/realizzativa di Angelo Lelii.

Amante dell'ottone, in misura minore dell'acciaio, Lelli ha dato vita ad una serie di lampade che incorporavano la sua abilità artigianale e certosina da un lato e la sua ricerca di materiali dall'altro. Nelle diverse parti del mondo, America in testa, in cui ha viaggiato e si è fatto conoscere. Al punto che la sua lampada (un tempo chiamata abat jour) Stellina è nota anche, o forse più nota, come Kennedy, proprio perché fornita dal brianzolo Lelii alla famiglia più potente d'America. E l'America torna spesso nelle sue creature, come il pulsante a led incorporato in una grande lampada da terra che veniva utilizzato nientemeno che alla Nasa, il sancta sanctorum della tecnologia che non intimidì l'audace Lelii.

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Ora, dal 5 aprile al 12 maggio 2024, in occasione della Milano Design Week 2024, è proprio con la mostra "ANNI LUCE. ARREDOLUCE. 100 LAMPADE", a cura di Anty Pansera, che FRAGILE galleria di Design storico e contemporaneo guidata da Alessandro Padoan e Alessandro Palmaghini, nata a Milano nel 2000 e divenuta in breve tempo punto di riferimento per l'home decoration e il collezionismo, inaugura il suo nuovo spazio espositivo in via Simone D'Orsenigo, 27.

Con la nuova sede, situata all'interno di un ex spazio industriale progettato nel 1950 da Elio Frisia, FRAGILE si propone ora in una modalità diversa: non più galleria su strada, ma uno spazio più riservato dove poter scoprire l'eccezionale raccolta di oggetti – arredi, illuminazione, gioielli e ornamenti d'autore – a firma di icone del design italiano, e alcuni pezzi da collezione, frutto di un lungo e accurato lavoro di ricerca e catalogazione.

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Un intento sottoscritto con la mostra inaugurale "ANNI LUCE. ARREDOLUCE. 100 LAMPADE", che ben racconta la storia e l'evoluzione dell'attività della galleria attraverso una rassegna interamente dedicata a un brand di design storico di illuminazione, Arredoluce appunto.

La scelta di dedicare una rassegna al marchio monzese fondato nel 1943 da Angelo Lelii, infatti, non è casuale: nel 2015 Alessandro Padoan e Alessandro Palmaghini hanno acquisito il marchio Arredoluce – successivamente ceduto – e insieme ad Anty Pansera, storica e critica del design, e con l'aiuto della designer Nanda Vigo, che per anni ha lavorato a stretto contatto con Angelo Lelii, hanno iniziato un'affascinante ricerca che si è concretizzata nel 2018 in "Arredoluce Catalogo ragionato 1943-1987" (ed. Silvana): una puntuale ricostruzione della storia dell'azienda e dei designer che vi hanno lavorato, che raccoglie 555 fra lampade e complementi di arredo prodotti e/o progettati da Angelo Lelli.

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L'esposizione, nella quale Alessandro Palmaghini ci ha fatto da appassionato Cicerone, racconta attraverso le lampade esposte – da terra, da tavolo, da soffitto, da parete - la storia straordinaria e particolarissima di un' "impresa" ancora troppo poco nota: un'avventura nel mondo della luce, lunga tre decenni, che rientra a pieno titolo nella "storia" del Made in Italy e dei suoi pionieristici imprenditori. Un'attività subito apprezzata all'estero, tanto negli USA quanto in Oriente, che solo in un secondo momento è decollata in Italia.

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Celebri furono le collaborazioni che Angelo Lelii riuscì ad attivare con i grandi designer del Novecento. Solo per ricordarne alcune, quella con Castiglioni, ad esempio: la prima edizione del Tubino del 1949 è proprio di Arredoluce. E ancora con Gio Ponti: dalla Triennale del 1957, passando per le tante realizzazioni d'interni progettate dall'architetto fino alle grandi mostre/eventi che Ponti organizzò con "Domus". Da non dimenticare, poi, il sodalizio con Ettore Sottsass Jr, che si concretizzò a metà degli anni Cinquanta quando progettò per Lelii numerose lampade.

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E ancora, quello con Nanda Vigo, architetto, designer, artista, per quasi un decennio la progettista più vicina ad Angelo Lelii. Solo un'altra donna, infine, ha disegnato per Arredoluce: Egle Amaldi, a metà anni Settanta. Ma Angelo Lelii fu lui stesso designer e progettista di grande valore: la sua opera di "disegnatore" di lampade si riscontra dal primo all'ultimo giorno di attività.

La mostra "ANNI LUCE. ARREDOLUCE. 100 LAMPADE" vuole raccontare l'intensa attività attraverso le produzioni Arredoluce più significative. Tra le 100 lampade esposte i pezzi più iconici e celebri a partire dalla Triennale, una lampada da terra dalla struttura lineare a tre bracci mobili - movimento ed orientabilità sono una valenza diffusa nelle lampade di Lelli - terminano con tre diffusori colorati.

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Forse il progetto più conosciuto di Angelo Lelii, la lampada, presentata alla VII Triennale di Milano nel 1947, compare alle spalle di Peggy Guggenheim nell'intervista recuperata e inserita nello straordinario documentario che le ha dedicato la regista Lisa Immordino Vreeland. E poi la Cobra del 1962, sempre disegnata da Angelo Lelii, una delle prime lampade a montare un globo calamitato orientabile. Infine, Golden gate, progettata da Nanda Vigo e presentata nello spazio di Arredoluce per Euroluce nel maggio 1970: uno stelo di metallo di quasi due metri di altezza che supporta un arco di neon inserito in una struttura metallica leggera.

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La mostra è accompagnata da un catalogo edito da Nomos.

INFO:

ANNI LUCE ARREDOLUCE 100 LAMPADE
A cura di Anty Pansera
5 aprile – 12 maggio 2024
FRAGILE Milano
Via Simone D'Orsenigo, 27

ORARI
5 - 6 aprile 2024 dalle 11 alle 19
8 – 13 aprile 2024 dalle 11 alle 19
15 - 20 aprile 2024 dalle 11 alle 20
22 aprile - 12 maggio 2024 su appuntamento, escluse domeniche, scrivendo a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

www.FRAGILEmilano.com 

Foto Credit: ©Giovanna Guzzetti


archivio

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E’ stata preceduta da una live Performance al Teatro Casa Manfredi di Roma il giovedì 21 marzo 2024 l’apertura della mostra "Alfabeto OBIC. Mangiare l'arte, contemplare il cibo" inaugurata Venerdì 22 marzo 2024 presso la Galleria Micro Arti Visive di Roma. La mostra, curata da Anna Paola Lo Presti, food manager project, affiancata da Gianluca Marziani per la parte storico-critica del progetto e la selezione delle opere e degli artisti per il volume e per la mostra, intende presentare un rivoluzionario progetto culturale, editoriale ed espositivo che crea una nuova dimensione dell'opera d'arte, una nuova codifica inaspettata per lo spettatore.
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L'arte e il cibo, binomio che rappresenta un patrimonio di idee tutto italiano, trovano spazio in OBIC, dove si sperimenta la relazione tra chef e artisti, tra ricette e opere, in una piattaforma inusuale dove il cibo diventa arte e l'arte si trasforma in esperienza culinaria.

Nell'intersezione tra arte e cibo, è importante ricordare che tradizionalmente i pittori del passato componevano i loro colori utilizzando sostanze organiche, come il bianco dell'uovo di Giotto. Queste materie organiche, visibili attraverso la fluorescenza, rivelano l'opera anche quando il colore è svanito.

Gli alchimisti di questi due mondi, con i loro segreti e legami, crearono fusioni liquide tra il pensiero metafisico dell'arte e la natura corporea del cibo. OBIC elabora questo complesso dialogo in modo innovativo, esteticamente elevato e concettualmente profondo.

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Alla live Performance del 21 marzo erano presenti gli artisti Roberto Giacomucci, Giulio Marchetti e Mario Ricci, Giorgia Proia, pastry chef, e Luciano Monosilio, chef e pasta Ambassador.

Nel presentare il progetto OBIC la curatrice Anna Paola Lo Presti ha dichiarato: “L’opera d’arte, si sa, possiede un’anima, una dimensione interiore che è l’anello di congiunzione tra la sua radice estetica e poetica e l’indissolubile legame con la mano di chi l’ha creata. OBIC è alla ricerca di quest’anima, da toccare e mettere in trasparenza attraverso la ricomposizione del gusto dell’opera. Rendere visibile l’anima dell’opera e gustarla, perché mai fatto prima, è il concept di OBIC. Catturare l’anima, anche connaturata nella forma e nei colori che la compongono, e renderla tangibile attraverso lo scatto fotografico, è il compimento del progetto”.

E ha poi così continuato: “Quando osserviamo un’opera d’arte non dobbiamo fermarci esclusivamente all’aspetto visivo, alla lettura poetica o storica o alla mera superficie della stessa. L’opera d’arte penetra lo spettatore attraverso molti codici sensoriali, e lo fa anche attraverso il gusto e l’impronta olfattiva che la compongono. Ciò significa che si può mangiare un’opera d’arte? In un certo senso sì, se ne può mangiare l’anima se attraverso la sua composizione si può leggere il codice gustativo e da questo trarne una ricetta che, eseguita, ci consente di sentire letteralmente il gusto dell’opera, sia di un’opera specifica sia dell’opera universale di un artista”.

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La performance live ha raccontava al pubblico il progetto OBIC. Nelle opere di Roberto Giacomucci, Giulio Marchetti e Mario Ricci Anna Paola Lo Presti ha interpretato il "Codice OBIC" per creare ricette inedite e dedicate. Nella presentazione ha dominato il centro della sala un grande tavolo di 15 metri, allestito dalla curatrice. Questa "mise en place" rifletteva le peculiarità sensoriali delle opere, permettendo al pubblico di sperimentare direttamente il Codice OBIC insito in ognuna di esse. Il gusto delle opere in mostra è stato interpretato da Giorgia Proia e Luciano Monosilio che hanno realizzato le ricette la Parmigiana di Melanzana contemporanea senza cottura per Giulio Marchetti, le Fettuccine di pasta ai due colori per Roberto Giacomucci e i Fiocchi di cioccolata per Mario Ricci.

Una performance che non trasforma solo colori e composizione in cibo, ma per ciascuna opera affronta la filosofia, il messaggio e il valore che trasmette. Così, la Parmigiana dedicata a Giulio Marchetti invita il pubblico alla tavola di Man Ray e coinvolge e omaggia personaggi illustri, affrontando il tema dell’assenza mentre le fettuccine codificate nelle opere di Roberto Giacomucci rendono tangibile l’amalgama e l’intreccio dei colori che si impastano tra di loro; i fiocchi di cioccolata creati per Mario Ricci hanno il sapore del gusto nascosto che affiora in bocca così come l’oggetto nascosto si svela agli occhi dell’osservatore nelle sue opere.

La mostra presenta opere di Roberto Giacomucci, Giulio Marchetti e Mario Ricci, oltre a una serie di opere fotografiche della OBIC photo collection di cui tre inedite realizzate appositamente per l’evento.

INFO:
La mostra resterà aperta fino al 24 aprile 2024 presso la GALLERIA MICRO ARTI VISIVE, Viale Mazzini 1, Roma con ingresso gratuito.

www.obicart.it 


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