Eventi

RITI DI PASQUA:

UNA SETTIMANA DI PASSIONE TRA PUGLIA E BASILICATA

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testo e foto di Marina Cioccoloni 

Da dove vengono gli spettacolari e drammatici riti della settimana santa? L’origine di tale devozione non si conosce ma sicuramente ricevette un forte impulso dalle Crociate e dai pellegrini che si recavano in Terra Santa, e che rientrati in Europa iniziarono ad erigere nei loro paesi memorie dei luoghi della Passione di Cristo, dando vita così alle prime vie crucis sviluppatesi poi in tutta una serie di riti e manifestazioni di devozione popolare che durante la settimana di Pasqua trasformano l’Italia in un teatro di piazza collettivo.

Assistere ad alcune delle tante manifestazioni pasquali italiane è un modo diverso di fare turismo, trasformando un viaggio, anche breve, in un’esperienza sicuramente indimenticabile.

IL GIOVEDI SANTO DI ATELLA

pasqua basilicatapuglia 02La tradizione vuole che Gesù e Maria siano rappresentati da una coppia di fidanzati che si sposeranno entro l’anno. Lui, per calarsi al meglio nel personaggio, già da mesi prima comincia a farsi crescere la barba. Tutti gli altri ruoli sono ricoperti dai giovani del paese, che viene così coinvolto all’unisono nella rappresentazione. Le prove generali iniziano settimane prima, in modo che il giovedì santo tutto si svolga alla perfezione, lungo un percorso ormai ben definito per le strade di Atella, un piccolo borgo della zona del Vulture in Basilicata a poca distanza dalla ben più nota Barile, paese di origine albanese divenuto ormai famoso per la via celeberrima Via Crucis del venerdì santo.

La rappresentazione di Atella è un’ottima occasione per iniziare un itinerario che permetterà di riempire i tre giorni che precedono la domenica di Pasqua con alcuni dei tanti riti collettivi che durante la settimana di passione ancora Si svolgono nelle strade e nelle piazze di tante località della Puglia e Basilicata.

Atella negli ultimi tempi è salita agli onori delle cronache per il ritrovamento di due zanne di mammuth appena fuori dell’abitato, proprio a fianco del luogo dove vengono innalzate le croci della fase finale della Via Crucis. Ma più che le zanne, ciò che attira i visitatori è la rappresentazione che il giovedì santo si snoda per le vie della cittadina fino all’epilogo finale della Crocifissione. Tutto ha inizio sul piazzale della Chiesa, dove viene allestito il Sinedrio e Gesù subisce il processo e il giudizio di Pilato che lo condannerà a morte. Si assiste così all’arrivo del prigioniero scortato dalle truppe romane, alle disquisizioni dei sacerdoti, alle domande di Ponzio Pilato, fino al famoso lavaggio delle mani.

Dopo il verdetto di condanna a morte, la rappresentazione si Sposta lungo un itinerario prestabilito che tocca vari punti della cittadina replicando alcuni episodi della Passione di Cristo durante ii suo viaggio verso il Golgota. Ecco quindi le cadute sotto la Croce, l’aiuto di Simone il Cireneo, gli incontri con la madre e la Veronica ecc. fino all’avvio verso la collina del Golgota, in realtà un piccolo terrapieno appena fuori il paese, dove Gesù e i due ladroni vengono spogliati e inchiodati alla croce sotto gli occhi di una moltitudine di spettatori. Lo spettacolo termina e i ragazzini del paese si appropriano di spade ed elmi sognando il momento in cui, cresciuti, potranno prendere il posto dei fratelli maggiori e per un pomeriggio giocare agli antichi romani.

LA VIA CRUCIS DI BARILE

barile3Il venerdì ad attirare il visitatore è Barile, paese di origine albanese di cui conserva ancora tradizioni etniche e linguistiche.

Qui la rappresentazione si cobra di tinte diverse, in una fusione di sacro e profano che si pensa di poter far risalire agli antichi riti e culti della Magna Grecia, trasportati qui e trasformatisi poi dopo essere entrati in contatto con i flussi di pellegrini che scendevano verso Bari per venerare le spoglie di San Nicola e con le truppe dei crociati diretti verso i porti dove li attendevano le navi che li avrebbero portati in Terrasanta.

Quello che colpisce di più nella rappresentazione di Barile è il senso di drammaticità, reso ancor più forte dallo svolgimento della stessa in completo silenzio, e la presenza di particolari personaggi suggestivi, alieni alla nostra cultura religiosa. Tutto il paese è coinvolto nella rievocazione, che inizia con l’arrivo di Gesù, un giovane che, secondo un rituale che si tramanda da secoli, deve aver digiunato nei tre giorni precedenti. Dopo di lui ecco arrivare gli altri personaggi: i sacerdoti, le pie donne, i farisei, la madonna, gli apostoli.

Ma oltre questi personaggi evangelici, in questa rappresentazione appaiono, come pasqua basilicatapuglia 01accennato sopra, due figure particolari, che rappresentano ii male, l’ignoto, l’insidia. Uno è il “negro”, dal volto completamente dipinto di nero e vestito con un mantello e abiti orientaleggianti e un alto cappello di piume in testa. Gioca per tutto il tempo con una palla che getta e riprende da un altro negro, bambino, vestito alla stessa maniera. L’altro personaggio è la “zingara”, la pià bella ragazza del paese. Anch’ella è accompagnata da una bambina. Entrambe hanno il vestito letteralmente ricoperto dai gioielli d\'oro prestati da tutte le donne del paese e rappresentano il pericolo e la lussuria, insidie dalle quali bisogna difendersi unendo insieme tutte le ricchezze del paese. Il loro passaggio è accentuato dai passi di danza, e non vengono mai abbandonate dalla scorta dei carabinieri che camminano al loro fianco per tutta la rappresentazione.

Dopo l’iniziale sosta in chiesa, rigorosamente in un drammatico silenzio, la scena si sposta davanti al palco dove è stato allestito il palazzo di Pilato per poi proseguire, dopo la condanna a morte, con le altre stazioni che vengono rappresentate in vari punti del paese. La processione, alla quale partecipano tutti con il sindaco e le più alte autorità in testa, si svolge in assoluto silenzio, rotto soltanto dal galoppo dei cavalli dei romani e dal suono della banda che intona marce funebri di una estrema suggestione mentre Gesù cade tre volte. Soltanto al termine, a processione finita, ricomincia il vociare della folla e si viene riportati alla realtà dopo il lungo momento di drammaticità che la rappresentazione ha sottolineato.

LA SETTIMANA SANTA DI TARANTO

I primi documenti certi che ne parlano risalgono al 1850 e da allora ogni giovedì santo alle ore 24.00 inizia il sacro corteo della Processione dell’Addolorata, che parte della Chiesa di San Domenico Maggiore per farvi ritorno nel primo pomeriggio del venerdì dopo un percorso che si svolge per le strade del Borgo Antico e poi del Borgo Nuovo della città ed è composta dalla Troccola, strumento che apre la processione, le Pesàre che rappresentano le pietre scagliate verso Gesù, la Croce dei misteri, la Terza Croce, la Seconda Croce, La Prima Croce, il Trono, l\'Addolorata. È accompagnata da due bande che suonano marce funebri. Vi sono inoltre quattro coppie di poste prima dei Crociferi e due prima del Trono, nonché due Mazze che hanno il compito di mantenere ordinata la processione e di sostituire i confratelli in caso di necessità.

Il venerdì invece è la volta della Processione dei Misteri. Il tragitto non è lungo, 1.900 metri circa, centimetro più centimetro meno, ma la processione, che inizia alle ore 17 dalla Chiesa del Carmine portando le statue che simboleggiono la passione di Gesù, per percorrere quei 2 chilometri scarsi impiega fino alle 8 della mattina del giorno dopo. Tutta la città si ferma, in religioso silenzio si accalca fuori della Chiesa del Carmine in attesa di veder sfilare i “perdune”. La processione viene aperta dal “trucculante” che ha in mano la “troccola”, a cui fanno seguito il gonfalone della confraternita, le “pesàre”, la “Croce dei Misteri’, con i taranto1simboli della passione, e poi le otto statue che rappresentano gli episodi della Via Crucis (Cristo all’orto, La Colonna, Ecce Homo, La Cascata, il Crocifisso, la Sacra Sindone, il Cristo Morto e l’Addolorata). È accompagnata da tre bande che suonano marce funebri, ed effettua durante il percorso una sosta nella chiesa di San Francesco da Paola.

Tra una statua e l’altra sfilano quindici “poste”, coppie di “perdune” a piedi nudi e con il volto completamente coperto (ad eccezione di due fori per gli occhi), da un cappuccio di colore bianco che pende sul petto, un cappello nero in testa e in mano una mazza alta circa due metri che simboleggia l’antico bastone dei pellegrini. Queste sono intervallate da tre “Crociferi”, due “Mazzieri” per concludersi con la statua dell’Addolorata. I confratelli indossano un cappello nero orlato di bianco calato dietro le spalle e a differenza di quelli della Confraternita del Carmine, non sono scalzi ad eccezione dei tre “crociferi”.

Chiudono il corteo una seconda troccola oltre ai carabinieri e le autorità civili in alta uniforme. Ci vogliono quindi ore per veder uscire dalla chiesa fino all’ultimo simulacro, perché il tutto si svolge con un ritmo lentissimo. Tutti i componenti della processione procedono dondolando a ritmo lentissimo (\"nazzicano\", cioè si dondolano a ritmo di musica funebre) e avanzando cosi ad ogni passo soltanto di pochissimi millimetri. Pioggia, sole o vento, la processione non varia, per percorrere tutto il tragitto e rientrare in chiesa si impiegherà tutta la notte. E durante queste ore una folla immensa di tarantini si accalca davanti alla chiesa e lungo tutto il tragitto in religioso silenzio, fino alla fine di questo rito collettivo che da oltre due secoli caratterizza la città. Se si pensa che i confratelli delle confraternite fanno a gara per avere l’onore di far parte delle due processioni, e che per portare le troccole, i simboli e le statue sborsano migliaia di euro tramite due aste in denaro che si svolgono la domenica delle Palme è evidente quanto i tradizionali riti della settimana santa siano radicati nella popolazione di Taranto.

Rientrata la processione alla Chiesa del Carmine il sabato mattina la città si ferma in religioso silenzio finché le campane a festa della mattina di Pasqua annunciano la risurrezione del Cristo e pongono fine ai riti della Settimana Santa Tarantina. 

LA PASSIO CHRISTI DI GINOSA

Il sabato sera è Ginosa che mette in scena la sua “Passio Christi” giunta quest’anno (2007) alla 32ma edizione. Il tutto si svolge nello scenario naturale della Gravina ginosina, nelle antiche grotte scavate nel masso tufaceo e che furono il primo insediamento umano. Siamo in presenza di un luogo particolare, caratterizzato da diversi livelli in cui le grotte e gli antri si intersecano e si congiungono con scalinate e rampe, cavità naturali dove Ia mano dell’uomo ha lasciato la sua traccia e dove ancora si trovano una dozzina di chiese rupestri. passio ginosa

Dall’abitato moderno alcuni viottoli permettono di scendere lungo il costone del torrente e di poter visitare le antiche grotte. L’ambiente rispecchia molto quello della Palestina e difatti nel 1962 Pier Paolo Pasolini vi girò alcune scene degli esterni del suo film “Il Vangelo secondo Matteo”, dando probabilmente l’avvio all’idea di utilizzare la gravina per uno spettacolo sulla vita di Cristo.

La rappresentazione inizia con una sfilata in costume, che parte dal castello e percorre le vie principali del centro storico della cittadina, illuminate soltanto dalle fiammelle dei bracieri posti lungo il cammino, di tutti i personaggi impegnati nella rappresentazione.

Dopo aver assistito al corteo, gli spettatori si spostano sui gradoni dell’anfiteatro, di fronte agli antri e alle grotte della gravina, per assistere alla rappresentazione della storia della vita di Gesù. Le comparse sono ben trecento, e le scene ventidue, per una durata di circa due ore. Dagli altoparlanti una voce narra mentre fasci di luce illuminano i punti e le grotte che fanno da palcoscenico dove gli attori, fra fichi d’india e fiaccole, si muovono interpretando episodi significativi della vita di Cristo, dall’annunciazione alla crocifissione, fino alla Resurrezione, con dialoghi in play-back. musiche ed effetti speciali, diretti e coordinati da un’ottima regia luci/audio che coinvolgono lo spettatore e fanno della rappresentazione un’esperienza indimenticabile.


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