Incontri D'Autore

Da "Riso amaro" a Cascina Veneria: due secoli di storia delle mondine

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foto Matteo Saraggi

Come ogni anno, dal 1962, la Famija Varsleisa premia chi si è distinto per lo studio o la promozione del riso e quest'anno il prestigioso riconoscimento la "Pannocchia di Riso d'Oro 2009" è stata assegnata a Guido Sodano, direttore generale di Saiagricola.
Guido Sodano, nativo di Asti, classe 1966, è nipote del Cardinale Sodano nota figura del Vaticano. Laureato in agraria, da oltre dieci anni è direttore generale del Gruppo Saiagricola.
 
L'Accademia Italiana della Cucina ha riconosciuto alla Cascina Veneria il vanto della migliore selezione d'Italia del riso Carnaroli. Grazie a questo L'Italia ha vinto la Medaglia d'Oro alle Olimpiadi del Riso che si è tenuta in Spagna, a Valencia, nel 2006, organizzata dall'Acadèmie Internationale de la Gastronomie di Parigi.
Cascina Veneria si trova in Piemonte, in Fr. Veneria a Lignana (Vercelli). Un tempo fu di proprietà dell'ordine monastico degli Umiliati.
E' la prima azienda europea dotata di un'essiccatoio che brucia granella di mais anzichè gasolio ed è anche una tra le principali aziende agricole produttrici di seme di riso del vercellese. All'interno della riseria è possibile vedere una rara sbiancatrice ad elica, molto lenta ma eccezionale per ottenere risi di elevata qualità con il soffice processo di brillatura.

L'obiettivo di Cascina Veneria è di ottenere il più basso impatto ambientale, non a caso è in progetto una delle centrali da un megawatt a biogas per l'energia elettrica "verde" attive in alcune aziende Saiagricola, presto sorgerà a Cascina Veneria e sarà in prevalenza alimentata da oltre 30.000 quintali di paglia di riso l'anno.
Sotto l'abile direzione di Guido Sodano, nasce un riso da gourmet. Il prestigio della produzione deriva dalla mancata distribuzione del brand Cascina Venerèa alla Grande Distribuzione che ne diminuirebbe il prestigio. L'unica presenza è ad Eataly-Lingotto, Torino, banco di assaggio delle migliori produzioni enogastronomiche mondiali, dove nel 2008 è risultato il più venduto sia ai buongustai che ricercano a Eataly il meglio, che ai ristoratori.

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Guido Sodano è stato anche protagonista di un altro prestigioso evento in occasione del Gran Premio di Monaco che ha ospitato "Tutta colpa del risotto. Storia di un risotto da Formula Uno". Durante le prove libere del Gran Premio di Monaco, a maggio, dai box della Ferrari si spargeva un profumo che oltre a deliziare il presidente Luca Cordero di Montezemolo, i piloti Kimi Matias Rèikkènen, Felipe Massa e Guido Sodano, ha attirato anche Jarno Trulli pilota della Toyota, e il tutto è finito in una amichevole risottata annaffiata dal Montefalco Sagrantino Cèlpetrone, vino umbro delle vigne di Santa Maria del Fico e San Marco, altra produzione di Saiagricola, trasformando un ottimo risotto in un "Risotto... da Formula Uno", com'è stato definito, aggiungendo che la mescolanza della "Rossa di Maranello" con la Toyota è stata "Tutta colpa del risotto".

Situata nelle immediate vicinanze di Vercelli, Cascina Venerèa è la più grande azienda risicola monocorpo in Europa. Dotata di sorgenti proprie è l'unica azienda italiana a ciclo completo, di una certa rilevanza, in grado di coltivare varie qualità di riso, provvedere alla raccolta, alla lavorazione, al confezionamento del prodotto finito e alla vendita, questo consente la realizzazione di tutto il processo produttivo che viene seguito e controllato direttamente in azienda permettendo di ottenere un migliore risultato e un prodotto di alta qualità, frutto di una lavorazione moderata e non finalizzata ad una eccessiva sbiancatura.
La coltivazione avviene mediante tecniche ecocompatibili e nel rispetto dell'ambiente. Particolare attenzione viene anche rivolta alla conservazione in purezza e alla riproduzione del riso da seme di diverse varietà per garantire la tutela della biodiversità.

Saiagricola ha varie sedi in Piemonte, Toscana e Umbria.
L'azienda apparteneva alla Fiat, nel 1949 era di proprietà della famiglia Agnelli. Negli anni '50 la proprietà viene rilevata dalla SAI, il Gruppo Assicurativo della Fondiaria SAI (legata alla Fiat) e oggi è la più grande azienda risicola locale, con oltre 700 ettari.
Il riso nasce nell'acqua che lo protegge dal freddo delle notti primaverili. Nella prima fase di allagamento dei piccoli appezzamenti il territorio sembra una grande mare a quadretti, da cui di tanto in tanto emergono i poderi simili a degli isolotti. In seguito le piantine emergendo tramutano il paesaggio in un "verde ondeggiare" di spighe. Rigogliose ondeggiano nei mesi di giugno e luglio, sino alla spigolatura di agosto. Con l'arrivo dei primi freddi settembrini accelera la maturazione e il colore diventa ocra e a fine settembre si raccoglie.

Nel 1949 diventa il set per un famoso film "Riso amaro", con Silvana Mangano e Vittorio Gassman.
Indimenticabile la scena del film con la bellissima Silvana Mangano nella risaia. Il film narra le vicende della mondina Silvana (Silvana Mangano), del sergente Marco (Raf Vallone), e di Francesca (Doris Dowling), e Walter (Vittorio Gassman), i due ladri che dopo aver rubato una collana fuggono e si uniscono al treno delle mondine che si recano nelle risaie per il lavoro stagionale. Riconosciuto, Walter fugge e Silvana per aiutare Francesca la fa assumere come mondina, senza contratto, ma nel dormitorio scopre la collana, se ne impossessa e per eliminare Francesca la accusa di essere una crumira provocandone il linciaggio a cui la sottrae l'intervento di Marco, il poliziotto. Scoppia una rivolta tra le mondine perchè vogliono che tutte siano assunte regolarmente.

Walter ritorna e la collana... passa di nuovo da una mano all'altra, tra mille peripezie, mentre corteggia Silvana, ma solo con lo scopo di ottenere il suo aiuto per rubare tutto il raccolto.
Silvana cade nel tranello e poco prima di essere incoronata "Miss Mondina 1948" apre le paratoie e allaga la risaia per fare in modo che mentre tutti sono intenti a salvare il raccolto, lui possa rubare il riso e fuggire.
Francesca scopre l'inganno e, pensando che sarebbe una tragedia per le mondine, chiede aiuto a Marco. I due uomini si affrontano e si feriscono a vicenda. Anche le donne sono armate e quando Silvana scopre che Walter l'ha ingannata e usata gli spara e fugge: si suiciderà e le mondine le renderanno omaggio, ognuna passando accanto al suo corpo getterà una manciata di riso coprendolo...
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Ora, tra i "quadrati acquitrini, nel mare della risaia", emergono solitari i ruderi delle grandi tenute, resti di antichi sfarzi oggi soffocati da sterpi e sassaie, ma da cui traspare ancora il loro passato di arrogante potere e basta chiudere gli occhi per udire cantare le mondine.

La loro storia è racchiusa nel canto popolare delle risaie, ricordate "Sciur padrun da li beli braghi bianchi fora li palanchi ch'anduma a cè", oppure "Amore mio non piangere se me ne vado via, io lascio la risaia ritorno a casa mia".
Ai tempi di "Riso amaro" le risaie della Pianura Padana erano diserbate a mano dalle mondine, giovanissime, poco piè che decenni, e meno giovani. Donne che lasciavano la loro casa, la famiglia, per recarsi stagionalmente a compiere il duro lavoro nelle risaie: a maggio, immerse fino al ginocchio dovevano sopportare l'acqua stagnante e fredda, e in estate tutto il giorno sotto il sole rovente, con piedi, braccia e gambe disfatte dal lungo prolungamento nell'acqua putrida, le mani affondate nel fango, le carni divorate da zanzare, tafani, sanguisughe, vermi, e la schiena curva in una posizione che indolenziva gli arti, mentre sentivano strisciare sulle gambe bisce e rane che quando riuscivano a catturarne le conservavano per integrare il misero pasto fatto di poco riso con fagioli, scondito, un piccolissimo pezzo di formaggio e una pagnotta di pane tanto preziosa che ne conservavano un pezzo per la sera, portandolo con se nella risaia per evitare che lo rubassero o lo divorassero i topi, che di notte, numerosi e grossi, camminavano sul corpo facendo rabbrividire mentre l'amaro sapore delle lacrime scendeva sul viso, simile alla carezza di una madre, e il pensiero andava a lei e alla casa lontana.

Neiè mesiè estivi diè giugno eè luglio oltreè il caldoè dovevanoè sopportare i miasmi dell'acqua putrida delle risaie. Un lavoro duro, estenuante, che le distruggeva fisicamente e moralmente, molte si ammalavano restando segnate per tutta la vita! Spesso era la malaria a distruggere gli esili corpi.
Donne! Donne che accompagnavano ilè lavoro con canti di protesta per le condizioni disagiate e l'arroganza dei padroni, proprio come la canzone che dice "Mamma, papè, non piangere se sono consumata, è stata la risaia che mi ha rovinata".
Canti delle risaie, canti che narravano di fatica, sudore e lacrime, su cui fermo il pensiero con il canto delle mondine dell'Ottocento,"Bella ciao":
"Alla mattina appena alzata, o bella ciao, bella ciao. Bella ciao ciao ciao, alla mattina appena alzata devo andare a lavorar! A lavorare laggiè in risaia, o bella ciao. Bella ciao ciao ciao! A lavorare laggiè in risaia sotto il sol che picchia giè. Il capo in piedi col suo bastone e noi curve a lavorar".

In Italia la coltivazione del riso si deve all'opera dei monaci che tra il XIV e XV secolo si stabilirono nelle zone lombarde della provincia di Pavia e di quelle piemontesi di Vercelli, solo in seguito si estese alle province del Veneto e dell'Emilia Romagna.
Dagli anni '40, sino ai primi del '60, la raccolta del riso era affidata alle donne, che a maggio giungevano nella pianura per la stagione della monda, provenienti dalle regioni del nord: Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna e Veneto.
Ritrovarsi lontane da casa, dagli affetti, lavorare fianco a fianco cantando del duro lavoro, o di protesta contro i proprietari e i caporali, faceva nascere l'amicizia e la solidarietè, e i legami divenivano forti. Dai canti malinconici di chi vive lontano dalla famiglia, dall'amato, passarono a quelli che parlavano del loro odio verso i padroni, contro le discriminazioni che le voleva inferiori all'uomo, ma anche della loro consapevolezza di una "propria forza" rispetto a quel mondo maschile che le umiliava e faceva nascere in loro la volontè di liberarsi da quella condizione di inferioritè.

La voglia di emancipazione e di eguaglianza con il mondo maschile e la sua supremazia portè le mondine a gettare le basi di quelle rivendicazioni sindacali contro lo sfruttamento del lavoro femminile, pagato meno degli uomini, ma soggetto a piè ore lavorative e ad umiliazioni degradanti e avvilenti.
Nel 1883, a Molinella (BO), nelle risaie della Pianura Padana, per la prima volta delle donne entrano in sciopero in modo organizzato e si oppongono al padrone chiedendo l'aumento salariale e la diminuzione delle ore lavorative.
L'esempio lasciè un segno profondo e si estense in tutto il territorio iniziando un lento processo di rivolta che scoppiè nel 1886 e nel 1889: si sciopera a Medicina (BO).

Nel 1890 a Monselice (PD), lo sciopero venne represso nel sangue, tre donne vennero uccise e 10 ferite gravemente.
Il piè grave processo contro le mondine avvenne nel 1897 a Molinella (BO), dove 42 donne vennero processate mentre in un clima di terrore, e di scontri con la polizia, oltre 2000 mondine incrociarono le braccia in segno di sciopero.
In Emilia la conquista della paritè di lavoro e della riduzione a otto ore giornaliere giunse solo nel 1912.
Ovunque il progresso avanza e con esso diminuisce sempre piè il bisogno di manodopera umana: dove prima lavoravano 1000 mondine, ora bastano 10 presenze e di queste... 7 sono impiegati e dirigenti!
Dove prima le mondine diserbavano ora sono i diserbanti a posarsi sulle risaie. Non si sente piè il cantare delle mondine, nè il gracidare delle rane... Dove prima crescevano pianticelle di riso che le casalinghe e i ristoranti trasformavano in eccezionali risotti, ora cresce "qualcosa" il cui nome è rimasto lo stesso: riso, ma forse ben piè simile a quel "riso" del film... "amaro"...


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