Tutto quello che avreste voluto sapere e non avete mai osato chiedere attorno a un Barbecue.
Già da vari anni è presente negli italiani la convinzione che il consumo di carne sia nocivo per la salute. Così la C.I.A. – Confederazione Italiani Agricoltori – nell’intento di difendere, come le compete, gli allevatori italiani ha promosso un mini convegno, sotto forma di una “lezione sulla carne”, per confutarne le troppe erronee convinzioni e riaffermarne la salubrità in un consumo equilibrato con altri alimenti. E’ altrettanto vero che alcune iniziative intraprese dagli allevatori, più stranieri che italiani, non sempre, vedi “mucca pazza” e l’infezione polmonare trasmessa dai polli, sono servite per riportare sui corretti binari comportamenti che erano degenerati.
“Negli allevamenti italiani non vengono usati antibiotici”, è stata un’affermazione ripetuta più volte dagli allevatori presenti e dai loro rappresentanti di categoria- bovini, equini, suini, avicoli ecc.- e “quando in rari casi avviene una somministrazione di antibiotici agli animali, queste avvengono su stretto controllo veterinario e la commercializzazione dei soggetti trattati avviene solo dopo esser trascorso il tempo di quarantena previsto. Riaffermata la innocuità del consumo di carne italiana, solo sulle stalle italiane è possibile ai sanitari preposti effettuare i necessari controlli, è stata la volta della nutrizionista Dott.sa Francesca De Benedictis che ha spiegato il valore biologico della carne, il suo effetto saziante, gli abbinamenti corretti, con tutti i tipi di verdure sia cotte che crude e quelli errati, con maionese e salse ricche di grassi, nonché vari accorgimenti per sfruttarne al massimo le proprietà nutritive e salutistiche quali quello di non portare mai la carne all’effetto carbone, cosa abbastanza facile quanto viene cotta al barbecue.
Il punto centrale della lezione ha interessato i modi di cucinare la carne. Quelle prese in esame sono state state:
- Bollito e lesso: La differenza è offerta dalla diversa temperatura dell’acqua che in pieno bollore ci darà il bollito, mentre la carne cotta in acqua per 2/4 ore con verdure ci darà brodo e lesso;
- Bistecche: Nei diversi tagli nodini o costolette, se sono senza osso scaloppine, comunque tutte richiedono tempi rapidi di cotture da regolare a seconda del gusto e dello spessore. Consigliato l’accompagnamento di una fettina di limone e aggiungere sale solo a cottura completata;
- Arrosto: E’ il sistema più antico insieme alla bollitura. Svariate sono le modalità e vanno dalla cottura in casseruola, al forno, allo spiedo, alla griglia, in padella. Per tutte vige la raccomandazione l’uso di olii EVO di ottima qualità con garanzie accertate anche in etichetta. Buoni risultati sono offerte dalla erbe aromatiche;
- Frittura: Il principio da rispettare è che la carne o le frattaglie devono in precedenza essere impanate o infarinate e solo successivamente immerse in olio bollente, anche questo di qualità accertata, finchè non raggiunge il giusto grado di doratura e consistenza croccante;
- In umido: Sia per le cotture in spezzatino, stufato o brasato è valida la tecnica di togliere i grassi di rosolatura (olio o burro) e disporre quindi sul fondo della casseruola uno strato di carote grattugiate con brodo ed erbe aromatiche, si aggiunge poi la carne e si copre con un coperchio;
- Cottura a vapore: Anche se poco usata è la più salutare. Usare tagli molto magri da esporre all’azione di cottura del vapore d’acqua direttamente su uno scolapasta o su un piatto appoggiato sulla pentola in ebollizione.
Al termine della lezione è intervenuto il presidente nazionale della Cia Dino Scanavino, che non ha nascosto i problemi da superare: “Anche partendo da una maggiore organizzazione del prodotto, quindi filiere più coese e accordi di ampio respiro -proprio sulla carne- con l’artigianato, l’industria e gli enti locali, per legare a doppio filo il prodotto al territorio, rafforzandolo. Sul fronte della biodiversità, qualità e tipicità il nostro Paese non ha da invidiare proprio nessuno: chianina, piemontese o fassona, marchigiana, grigio alpina, podolica, maremmana, romagnola, limousine, sardo-modicana, agerolese. Solo per citare le più diffuse tra le carni rosse. Poi ci sono quelle suine, ovi-caprine, avicole e cunicole (conigli). Gli italiani ne mangiano circa 75 kg pro capite l’anno, così suddivisi: 21 kg di carne bovina; 33 kg di carne suina; 19 kg di carne avicola e poco meno di 2 kg di carne ovina. Numeri in flessione con i consumi delle famiglie più spostati verso i carboidrati. Anche sui metodi di cottura sono emersi elementi interessanti: gli italiani, ad esempio, stanno scalando le classifiche mondiali tra gli amanti del barbecue: sono quinti alle spalle di americani, australiani, francesi e tedeschi, ma davanti agli inglesi”.
A questa prima lezione sulla carne ne seguiranno altre su i prodotti tipici dell’agricoltura italiana a partire dai formaggi per arrivare alla frutta, ortaggi e verdure, nell’intento di porre l’attenzione su una categoria che sta alla base nella custodia del benessere collettivo.
Foto © Donatello Urbani