Arte e dintorni

In Mostra alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma (GNAM) le opere donate dalle figlie offrono un prezioso spaccato sul maestro e su cinquant’anni d’arte dello scorso secolo.

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Giacomo Balla: “Forme grido Viva l’Italia”, 1915. Dono di Elica e Luce Balla 

Una conferma alle teorie di Giacomo Balla su cosa fosse la pittura e su cosa dovesse rappresentare è il tema dominante di questa rassegna. Scrive infatti l’artista nel 1918: «Nel groviglio delle tendenze avanguardiste, siano esse semifuturiste, o futuriste, domina il colore. Deve dominare il colore poiché privilegio tipico del genere italiano.» (Manifesto del colore). Questa tendenza venne confermata fin dagli inizi della sua carriera quando, fra i primi protagonisti del divisionismo italiano e poi quale esponente di spicco del Futurismo, firma, assieme a Marinetti e altri futuristi italiani, i manifesti che sancivano gli aspetti teorici del movimento.

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Giacomo Balla: “Valle Giulia”- 1921. Sullo sfondo è ritratta la Galleria Nazionale dìArte Moderna di Roma (GNAM). Dono di Elica e Luce Balla.

Nel 1895 Giacomo Balla lasciò Torino dove era nato nel 1871 e dove aveva appreso i primi rudimenti artistici prima nella musica e poi all’Accademia Albertina per le arti visive, per trascorre a Roma tutto il resto della sua vita,- morì nel 1958 . Come scrivono i suoi biografi: ”I primi dipinti, a inizio secolo, seguirono infatti lo stile divisionista. La sua attività creativa fu molto intensa nei primi dieci anni del novecento in termini di analisi sia del dinamismo sia della luce, giungendo nel 1915 ad una nuova fase di ricerca pittorica fortemente sintetica. Nel 1914 uscì oltretutto il manifesto dell'abito anti neutrale creato poi nel 1915. Balla dichiarò di voler sostituire il vecchio, cupo e soffocante abbigliamento maschile con uno più dinamico e colorato, asimmetrico e colorato, che rompesse con la tradizione e si adeguasse al concetto futurista di modernità, progresso, e doveva far riferimento alla guerra e rendere l'uomo più aggressivo e bellicoso. L'accostamento dei colori era poi studiato per produrre un vivace effetto di simultaneità, che meglio si armonizzava con lo spazio urbano moderno”.L’idea di un’arte totale, definita Arte Futurista, vide Balla interprete appassionato di scene per il balletto, come nel “Feu d'artifice” di Igor Stravinsky, che andò in scena nel 1917senza danzatori al Teatro Costanzi di Roma, nonché nella stesura di sequenze del film “Vita futurista” (1916) insieme a Marinetti e creatore di arredi, mobili e suppellettili.

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Giacomo Balla: “La biodo bruna”, 1926. Dono di Elica e Luce Balla

Nel 1937 Balla scrisse una lettera al giornale "Perseo" con la quale si dichiarava ormai estraneo alle attività futuriste. Da quel momento fu messo in disparte dalla cultura ufficiale, malgrado i riconoscimenti riservategli per essere stato fino allora l'artista del fascismo per eccellenza ancorché apprezzato dalla critica. Solo nel dopoguerra ci fu una rivalutazione delle sue opere e di tutto il movimento futurista in genere. Nel 1949 alcune sue opere vennero esposte al MoMa di New York alla mostra: "Twentieth-Century Italian Art".

Un riconoscimento importante lo ebbe dal collega Gino Severini che scrisse nel 1946 « Fu Giacomo Balla, divenuto nostro maestro, che ci iniziò alla tecnica moderna del divisionismo senza tuttavia insegnarcene le regole fondamentali e scientifiche. Balla era un uomo di assoluta serietà, profondo, riflessivo e pittore nel più ampio senso della parola. [...] Fu una grande fortuna per noi incontrare un tale uomo, la cui decisione incise forse in tutta la nostra carriera. L'atmosfera della pittura italiana era a quel momento la più fangosa e deleteria che si potesse immaginare; in un simile ambiente anche Raffaello sarebbe arrivato appena al quadro di genere! »

La mostra allestita nel piano rialzato della Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma, espone 35 opere di Giacomo Balla donate dalla figlie Elica e Luce nel 1984 compresi alcuni veri capolavori oltre ad “alcune opere chiave del periodo futurista di cui la Galleria era priva”, come scrivono i curatori, alle quali si aggiunsero nel 1994 altre opere, presenti in mostra, selezionate dal critico Maurizio Fagiolo dell’Arco, tra dipinti, disegni e studi. Una rassegna che offre la bella occasione per rileggere tutto il percorso artistico compiuto da Balla dalla fase pionieristica del primo decennio del novecento e passando attraverso le dinamiche del movimento e della velocità ed ai motivi decorativi delle arti applicate, giunge agli anni in cui le sue opere sono marcate da un personale realismo incentrato sui temi a lui cari del paesaggio romano, del ritratto e degli affetti familiari.

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G.Balla: “Ritratto di Elica Balla” – 1950 / G.Balla: “Ritratto di Luce Balla” - 1910

Scrivono così i curatori: “Nella complessità del lungo e molteplice percorso creativo di un artista incessantemente teso verso la sperimentazione, si può individuare un motivo conduttore nel valore della luce – del suo scomporsi e ricomporsi nello spazio e nel movimento – quale linfa vitale dell’immagine. Per questa ragione si é scelto di prendere in prestito come titolo per questa mostra un dipinto del 1943 “Un’onda di luce” appunto, nel quale l’artista gioca con le parole alludendo alla luce, naturale o artificiale, e al nome della sua figlia maggiore”.

INFO: ROMA, Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea (GNAM), Viale Belle Arti 131. Fino al 26 marzo 2017 dal martedì alla domenica con orario 8,30/19.30. Biglietto d’ingresso intero €.10,00, ridotto €.5,00. Informazioni: Tel. 06.3229.8221, www.lagallerianazionale.com

Foto © Donatello Urbani


archivio 

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