Palati Raffinati

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Svanita la folla di luglio e agosto, settembre è il mese ideale per andare alla scoperta del Golfo del Paradiso, quel lembo di terra tra Genova e il promontorio di Portofino che conta sette comuni, cinque sul mare (Bogliasco, Pieve Ligure, Recco, Camogli) e due nell’entroterra (Avegno, Uscio).

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Recco è il comune più grande del Golfo, e se la zona è conosciuta maggiormente per la sua vocazione marittima e vacanziera, si rimane sorpresi quando si scopre che proprio qui nel 2005 si è costituito il Consorzio Focaccia di Recco col formaggio che nel 2011, grazie all’impegno di Lucio Bernini e della moglie Daniela, ha ottenuto l’IGP che tutela e certifica la zona d’origine, limitata ai comuni di Recco, Camogli, Sori e Avegno.

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In questi borghi l’eccellenza gastronomica è di casa e la focaccia di Recco col formaggio IGP (ne avevamo parlato qui) non è semplicemente una focaccia, ma un modo di vivere con amore il territorio e le tradizioni di questi borghi. Spuntino veloce, snack, merenda, non c’è ora della giornata in cui non si possa gustare la focaccia di Recco col formaggio IGP. E le focaccerie abbondano per le strade dei borghi del Consorzio e camminando non è difficile incontrare, a qualunque ora, qualcuno con il suo cartoccio di focaccia o che, seduto su un muretto, la sta mangiando.

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Le origini di questa eccellenza ligure si perdono nella notte dei tempi. Sembra che la conoscessero già i romani, i crociati e i recchesi in fuga dai saraceni. Di certo oggi c’è la ricetta tutelata dal disciplinare di produzione, che impone un impasto di farina, acqua e olio di oliva, ovviamente ligure, senza lievito, da lavorare velocemente fino ad ottenere due strati di pasta sottilissima, (la manualità è fondamentale) da farcire all’interno con crescenza e da cuocere per pochi minuti entro forni che raggiungono i 300 gradi affinché la pasta risulti morbida e croccante allo stesso tempo e la crescenza rimanga liquida. A cottura ultimata a garantirne l’origine non deve mai mancare il bollino del Consorzio, una ostia rotonda blu su fondo bianco, commestibile.

Si vende dappertutto ma i luoghi simbolo, quelli giusti per assaggiarla, a Recco sono due: Manuelina e da O' Vittorio, due pietre miliari della cittadina, locali centenari dove è passata la storia.

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Ed è proprio grazie a Manuelina se la focaccia di Recco col formaggio IGP da prodotto stagionale è diventata un cibo da gustare tutto l’anno e a tutte le ore. Era il 1885 quando Manuelina cominciò a preparare la focaccia a tutte le ore, incontrando il gusto dei ricchi genovesi che arrivavano fin qui proprio per gustarla. Dopo la seconda guerra mondiale con una Recco rasa al suolo, le nipoti di Manuela si sono rimboccate le maniche e hanno ampliato il ristorante che nel 1966 è entrato nel circuito dell’Unione Ristoranti del Buon Ricordo. Da qui l’ascesa è stata continua ed oggi la struttura comprende anche un albergo, una focacceria e un servizio di catering. Tutto gestito sempre dalla famiglia, arrivata alla quarta generazione.

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Anche se la diffusione della focaccia si deve a Manuelina, anche da O' Vittorio ha contribuito facendo la sua parte: il locale è sul mercato da 160 anni, una carriera cominciata da Giò Buono come oste che scavalcava l’appennino e andava a rifornirsi di vino in provincia di Alessandria. Agli avventori di quella che all’epoca era un’osteria di campagna offriva piatti semplici, trippa, torte salate, minestrone e in stagione, la focaccia. Oggi il testimone è passato alla quinta generazione della famiglia Bisso, Paola, Mattia, Chiara e Federico che portano avanti un locale dove anche le mura parlano, intrise di ricordi testimoniati dalle numerose fotografie di personaggi noti e meno noti appese alle pareti. Troppo lunga la lista dei nomi da citare, basta uno su tutti: il Presidente della Repubblica Luigi Einaudi.

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Una maniera di esaltare il sapore di questa eccellenza ligure è mangiarla accompagnata dalla Coppa, dal Salame e dalla Pancetta Piacentina, prodotti certificati dal Consorzio di Tutela dei Salumi Dop Piacentini, provincia unica in Europa a poter vantare tre Dop. Grazie alla vicinanza geografica, le due aree territoriali da un paio di anni sono impegnate nella reciproca promozione e valorizzazione dei loro prodotti di eccellenza attraverso “Sapori in Paradiso”, un progetto voluto dal Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali.

Ma, soddisfatto il palato con le eccellenze dei due Consorzi, non si può lasciare Recco senza fare una visita al contiguo borgo di Camogli e all’Abbazia di San Fruttuoso, la seconda raggiungibile soltanto via mare.

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Camogli è un caratteristico borgo marinaro dall’atmosfera magica, con le onde che col mare grosso si infrangono ai piedi del campanile dell’Assunta, posto lì quasi a proteggere il piccolo porticciolo, cuore pulsante della vita cittadina, che si snoda principalmente lungo Corso Mazzini, via della Repubblica e via Garibaldi. Sono le arterie dove si trovano le focaccerie più note, i locali più trendy e gli edifici più caratteristici, con i loro colori accesi e gli affreschi che decorano gli esterni, segni tangibili del benessere di cui godeva la cittadina ai tempi in cui i cantieri navali lavoravano a pieno ritmo. Ne è testimonianza in particolare la Basilica di Santa Maria Assunta, costruita sulle fondamenta del nucleo originario, splendente di marmi e decorazioni in oro al suo interno, dove sono conservate anche le spoglie di San Fortunato, il patrono della cittadina. 

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Ogni anno a metà maggio, in occasione della festa del Patrono, Camogli si anima con la rinomatissima Sagra del Pesce (vedi articolo qui), kermesse nata nel 1952 e giunta ormai alla 70ma edizione. Durante la sagra, nella piazza antistante il porticciolo, in una impressionante maxi-padella pesante 26 quintali e dal diametro di circa 4 metri, vengono fritti in un fiume di 3 mila litri di olio un totale di trenta quintali di pesce azzurro da distribuire agli oltre 100 mila visitatori che ogni anno non mancano all'appuntamento.  Un'altra interessante iniziativa in occasione della festa degli innamorati è Innamorati a Camogli, con un ricco programma di eventi ed un concorso fotografico (ne avevamo parlato qui)

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Raggiungibile solo via mare o attraverso alcuni sentieri che si snodano lungo il Monte di Portofino, l’Abbazia di San Fruttuoso è un piccolo gioiello che emerge dalla spiaggia in un’insenatura da sogno. Mentre la barca si avvicina si rimane subito colpiti dal campanile dell'Abbazia dedicata al santo omonimo, sepolto all’interno della stessa. Venne costruita nell’VIII secolo nel punto in cui sgorgava una vena d’acqua dolce. 

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Ricostruita dai monaci benedettini divenne in seguito proprietà della famiglia Doria che con alterne vicende l'ha posseduta fino al 1983, quando Frank e Orietta Pogson Doria Pamphilj la donarono al FAI. Dopo un'accurata opera di restauro l'intero complesso è stato aperto alle visite ed è stata inaugurata una piccola foresteria per chi volesse fermarsi a dormire e assaporare la serenità che emana questo luogo quando anche l'ultimo turista ha lasciato la baia.

Dal 1954 sul fondale antistante l'abbazia, adagiata a 17 metri di profondità, è stata posta la statua del Cristo degli Abissi, opera in bronzo di Guido Galletti.  Una copia della statua si trova all'interno dell'Abbazia, navata di destra, mentre l'originale è visibile solo immergendosi o affacciandosi dal bordo di una barca. 

Foto: ©Marina Cioccoloni, archivio TdV


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