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E’ stato a luglio del 2018 che Ivrea è entrata nella lista del Patrimonio dell’Umanità Unesco portando il numero dei siti italiani riconosciuti a quota 54 e consentendo all’Italia di continuare ad essere in cima alla lista dei Paesi con il più alto numero di siti riconosciuti, seguita dalla Cina che ne conta 52.

Ivrea ha ottenuto l’ambito riconoscimento come “tipico esempio di città industriale del XX secolo”. Gli edifici fatti costruire da Adriano Olivetti secondo una concezione umanistica del lavoro, sono disseminati su un’area del 70% del tessuto urbano e caratterizzano ancora oggi il panorama cittadino. Per Olivetti, che come sindaco di Ivrea aveva realizzato un piano regolatore per la città, il benessere economico, sociale e culturale dei collaboratori era considerato parte integrante del processo produttivo. Il lavoro doveva contribuire alla crescita completa dell’operaio e della sua famiglia. I luoghi di lavoro e di produzione oltre che funzionali dovevano anche essere piacevoli (tutti gli uffici di Palazzo Uffici sono illuminati da luce naturale) perché il benessere dell’operaio era proporzionale alla bellezza del luogo di lavoro. Le unità abitative costruite per le maestranze, e gli edifici produttivi e di utilità sociale, oggi si armonizzano e si integrano come in una città giardino e costituiscono un tipico esempio di urbanesimo industriale.

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Ma Ivrea non è solo la città di Olivetti, anche se questa è la prima caratteristica che salta alla mente al solo nominarne il nome. Gli anni in cui la fabbrica Olivetti era conosciuta in tutto il mondo per la produzione di macchine da scrivere passate alla storia, come la mitica Lettera 32, strumento di lavoro delle migliori firme italiane sono testimoniati dalla bella mostra attualmente aperta al Museo Civico Garda “Piccoli tasti, grande firme. L’epoca d’oro del giornalismo italiano (1950-1990)”.

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Ma se questo e molto altro ancora parlano di un periodo storico che ha caratterizzato la vita della città, non dobbiamo dimenticare che la particolare posizione geografica di Ivrea, al centro del grandioso anfiteatro morenico che divide il Canavese dal Biellese, le hanno valso per secoli di trovarsi in un crocevia strategico: ancora oggi, per andare verso la Val d’Aosta, e la Francia, è da Ivrea che si deve passare.

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Nata nel V secolo a.C. grazie ai celti, porto fluviale e importante stazione viaria come colonia romana, acquisita da re Arduino nel mille, ducato, contea e marca, finita poi sotto il dominio dei Savoia e assurta quindi a polo industriale di livello mondiale grazie alla famiglia Olivetti, di tutti questi secoli vissuti da protagonista la città conserva testimonianza negli importanti edifici storici.

Tra questi spiccano per il loro valore storico e artistico il duomo e le belle chiese barocche e la chiesa gotica di San Bernardino con l’annesso convento francescano che si trova all'interno dell'area industriale della Olivetti. Camillo Olivetti infatti l'aveva acquistata proprio per preservarla dal degrado e aveva prima eletto l'area conventuale a sua dimora e poi a sede del dopolavoro dei suoi dipendenti. L'edificio, ad una sola navata, possiede un tramezzo che serviva a separare lo spazio destinato ai fedeli da quello riservato solo ai monaci. Sulla parete che divide i due ambienti è presente un magnifico ciclo di affreschi sulla vita di Cristo del pittore Martino Spanzotti, una delle più importanti opere della pittura piemontese del secondo Quattrocento. 

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Simbolo cittadino è il castello con le sue caratteristiche tre torri (la quarta era stata utilizzata come polveriera e non esiste più), utilizzato fino a non molti anni fa come carcere ed ora riconvertito a sede di mostre e manifestazioni culturali.

Il più importante evento folkloristico cittadino è il caratteristico Carnevale e la famosa battaglia delle arance, combattuta a suon di arance tra i diversi rioni cittadini. Si dice che sia nata dall’antica leggenda di una mugnaia, Violetta, che non voleva sottostare ai desideri del signorotto locale e che fu la miccia per una sommossa popolare. Da non dimenticare però anche la Festa di San Savino, il patrono cittadino, che si celebra il 7 luglio con una importante fiera di cavalli (la seconda d’Italia dopo la fiera di Verona) e una magnifica sfilata di carrozze d’epoca oltre a numerosi altri eventi.

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Ivrea, capoluogo del Canavese, è il punto di partenza ideale per una visita del territorio, caratterizzato da oltre 51 castelli, i ruderi di altri 37, circa 20 ricetti (borghi fortificati) e una trentina di torri.

Poco distante da Ivrea sorge il Castello di Pavone, arroccato su un costone di granito e sorto su un castrum romano. Fu feudo vescovile e subì numerosi tentativi di assedio. Di proprietà privata, oggi è riconvertito in albergo di charme e ristorante con sale che hanno mantenuto lo stile originale.

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Un altro gioiello che merita di essere visitato tra i numerosi castelli che caratterizzano il territorio è il Castello di Masino. Dal 1070 fino al 1987 è stato della famiglia Valperga che lo ha poi venduto al FAI. Questi fino ad oggi vi ha investito 22 milioni di Euro in restauri ed i lavori proseguono ancora. E’ un castello dal grande valore storico perché possiede tutti gli arredi interni originali, oltre ad un’importante biblioteca, la biblioteca dell’Abate Tommaso, che conta 22mila volumi, e il secondo labirinto in bosso più grande d’Italia (il primo si trova in Veneto).

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Dal punto di vista enogastronomico Ivrea e il Canavese si caratterizzano per una cucina semplice e di tradizione contadina. Piatti umili che oggi sono stati riscoperti come il salampatata (un salame fresco e di consistenza morbida, spalmabile, che contempla un 60% di carne di maiale e un 40% di patate lesse), o la zuppa di ajucche (erbe spontanee rustiche degli alpeggi), o le foglie di borragine fritte.

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Tra i dolci la Polentina, un pan di spagna morbido aromatizzato all’arancia, i biscotti canestrelli bianchi molto amati dalla Principessa Diana d’Inghilterra, e in città molto nota è anche la torta 900, una torta con ripieno di cioccolato dalla ricetta segreta della storica pasticceria Balla. La grappa locale più conosciuta è la Revel Chion.

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Il vino più noto è l’Erbaluce, in tre tipologie, bianco secco, spumante e passito. L’erbaluce di Caluso, unico vino bianco DOC della provincia di Torino e primo vino bianco piemontese ad aver ottenuto la DOC già nel 1967, dal 2011 si fregia anche della DOCG. Il vitigno trova la sua espressione migliore grazie alle particolari condizioni del terreno di origine morenica e ricco di sali minerali e al microclima che consentono di ottenere un prodotto di limpidezza brillante, con retrogusto gradevole, profumo fruttato e sapore intenso. 

Per ulteriori informazioni: www.canaveseturismo.org

Foto ©Marina Cioccoloni 


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