madrid un importante mostra sull egitto al museo reina sofia 01

ll Cairo alla fine degli anni trenta era una grande capitale, vitale e cosmopolita: c’erano nutrite comunità di italiani, francesi, inglesi, greci, siriani e libanesi; uomini d’affari, commercianti, militari ma anche intellettuali, artisti e poeti. L’Egitto era ancora un protettorato britannico e con l’avvicinarsi della seconda guerra mondiale si riempiva sempre di più di militari inglesi. Al milione e mezzo di abitanti del Cairo, nel 1940 si sono aggiunti 35mila soldati britannici. L’anno dopo erano già 140mila. In città però non arrivavano solo i militari: molti intellettuali, attivisti e agitatori, soprattutto comunisti e anarchici, trovavano nella metropoli nordafricana un rifugio dai totalitarismi europei.

Mentre l’Europa era in guerra, al Cairo si respirava un’aria di grande eccitazione e di possibilità: l’Egitto sembrava un paese straordinariamente in bilico tra un’antichità ancestrale e un modernismo esplosivo e antagonista. Non è un caso che proprio nella capitale egiziana si fosse formato, nel 1938, un gruppetto di artisti e letterati surrealisti. Il gruppo Art et Liberté era guidato da Georges Henein (1914-1973), un letterato, figlio di un diplomatico egiziano copto e di un’italo-egiziana. A Parigi Henein aveva conosciuto André Breton, il poeta animatore del primo manifesto del surrealismo (1924), ma riteneva che in Europa la poetica del surrealismo si fosse trasformata in un canone un po’ stanco e svuotato del senso politico e rivoluzionario delle origini. Henein invece voleva fare di Art et Liberté un gruppo autenticamente rivoluzionario e capace, dal Cairo, di contrastare guerra, fascismo, capitalismo e borghesia.

La mostra Art et Liberté. Ruptura, guerra y surrealismo en Egipto (1938-1948), al museo Reina Sofia di Madrid fino al 28 maggio, ricostruisce la storia di questo gruppo di artisti che ha voluto radicalizzare le istanze surrealiste durante la guerra, renderle pratica rivoluzionaria e spargerle come un virus, dal Cairo, fino all’America Latina e al Giappone, grazie a una rete intercontinentale di contatti e di simpatizzanti.

Fin dal titolo del loro manifesto del 1938, Lunga vita all’arte degenerata, si capisce che Henein e i suoi compagni prendono di mira fascismo e nazismo in ogni loro forma. Partono proprio dall’Entartete Kunst, l’arte d’avanguardia condannata dai nazisti in Germania, per farne un’arma appuntita da conficcare nel cuore dei fascisti. Filippo Tommaso Marinetti, fascista, fondatore del futurismo e nato proprio ad Alessandria d’Egitto, aveva tenuto una conferenza al Cairo a marzo dello stesso anno. E il manifesto di Henein sembra proprio una reazione ai valori della “guerra come igiene del mondo” che Marinetti, inviato ufficiale in Egitto del governo di Mussolini, ha sbandierato in una città straripante di soldati. Una metropoli tanto millenaria quanto futurista, brulicante di luci, mezzi militari, cinema, teatri, varietà e bordelli.

Le opere di Houssein Youssef Amin, Mayo, Anwar e Fouad Kamel, Ramses Younane e gli altri artisti di Art et Liberté partono proprio dagli stilemi dell’arte degenerata per creare il proprio alfabeto visivo. Anziché perdersi nella pratica della scrittura automatica e nell’esplorazione dell’inconscio come i surrealisti europei, gli artisti egiziani cercano, nei linguaggi visivi delle avanguardie, i segni più acuminati, violenti ed efficaci per trasformare la loro visione del reale in pratica rivoluzionaria.

Bastano poche ore di volo per lasciarsi alle spalle lo stress metropolitano ed il consumismo di massa e ritrovarsi in Egitto, nel magico mondo dell’infuocato deserto, affascinante per i suoi misteri e i miti, ingentilito dal nastro argenteo del Nilo, con le rive affollate da verdi palmizi, tra il colore della gente e quello delle feluche dalle grandi vele. E’ così, soprattutto davanti all’isola Elefantina, uno dei luoghi più emozionanti della nostra Terra.

L’Egitto, paese dove il mito si confonde con la realtà, è certamente l’unico luogo al mondo dove il gran libro della storia è ancora aperto sul passato.
Questo paese può essere riproposto, in chiave ancora più affascinante e suggestiva e un viaggio nel paese dei Faraoni, può diventare l’occasione per un’indimenticabile vacanza non solo all’insegna della comodità ma anche della scoperta di tutto ciò che di più misterioso e invitante può ancora offrire questo paese dove il tempo si è fermato.

Questo non è solo un paese ormai sicuro, ma anche ospitale. La gente accoglie i forestieri con il sorriso e la gentilezza. Sorseggiare il tradizionale tè alla menta è un piacere del quale non bisogna privarsi perché offre al turista la possibilità di capire il vero spirito di una terra, culla della civiltà mediterranea. Era cara già ai nostri antenati Romani. Dopo averla conquistata, infatti, non ne fecero una delle tante province dello sterminato impero. Lo stesso imperatore, invece, se ne prendeva cura personalmente, come il più prezioso dei suoi gioielli.

Per saperne di più: http://www.egypt.travel/it/


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