Partiamo

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Affacciata sul mare Adriatico dal promontorio in prossimità della foce del Sangro in località Fossacesia, la bianca pietra arenaria dell’Abbazia di S. Giovanni in Venere risalta sul prato color smeraldo. Intorno al 530, discepoli di Benedetto da Norcia, sull’antico tempio di Venere Conciliatrice edificarono una chiesa, che sei secoli dopo venne ampliata in abbazia con annesso monastero dotato di laboratorio, biblioteca, archivio, sale per gli amanuensi, due chiostri, ricovero per i pellegrini, arrivando ad ospitare fino a 100 monaci. I possedimenti dell’Abbazia si estendevano su Abruzzo, Marche, Puglia e Romagna fino alla Dalmazia, includendo 80 castelli e un centinaio di chiese e fornivano cavalieri e fanti in caso di guerra. Il terremoto del 1456, la pestilenza del 1478 e le scorrerie dei Veneziani nel 1482 la condannarono alla decadenza e all’abbandono, con alterne vicende, fino al 1954 quando i Padri Passionisti ne decisero il recupero. Nel 1881 è stata dichiarata monumento nazionale.

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Sul viale che immette al belvedere, gli chalet del Residence Valle di Venere immerso in un uliveto offrono soluzioni diversificate per la vacanza marina nella vicina spiaggia di sassi ma è anche ideale punto di partenza per visitare il paesaggio costiero della provincia di Chieti, disseminato di trabocchi, manufatti di legni intrecciati che D’Annunzio definiva “ragni colossali”, un tempo efficienti macchine da pesca.

Lungo la SS 16 Adriatica, dai belvedere che si aprono nella vegetazione selvaggia di gialle ginestre e verdi ulivi se ne avvistano una cinquantina, sopravvissuti all’incuria sulla linea di costa intercalata da insenature e arenili o alte e rocciose scogliere e promontori a picco sul mare che si inabissano in limpidi fondali, nel tratto tra Vasto e Ortona, cui fa da cintura la pista ciclabile sul tracciato dell’antica ferrovia.

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Costituito da una piattaforma su palafitte di grossi tronchi conficcati sul fondo del mare o sugli scogli, dalla quale si dipartono due bracci che sostengono la rete che veniva calata in acqua con carrucole e funi dai trabuccolanti, e tirata su colma di pesci (cefali, spigole, pesce azzurro, sardelle, novellame, polpi, seppie, mormore), il trabocco veniva posto nel punto più prominente della costa. Questa forma di pesca di sussistenza costituiva un’utile integrazione al magro raccolto agricolo per contadini e pastori, che utilizzavano i legni reperibili localmente: olmo, abete, robinia (o acacia spinosa) resistenti a intemperie e salsedine, e corde di canapa.

Su questo patrimonio culturale e ambientale, dopo lunghi anni di incuria, è stato avviato un progetto di recupero con i finanziamenti pubblici previsti da una legge regionale e una manutenzione costante per contrastare i danni delle mareggiate: controllo della solidità delle assi della pavimentazione, verifica dell’assetto della struttura, verniciatura. Ormai sono un’attrattiva turistica ed alcuni vivono una seconda vita come ristoranti dove mangiare il pescato del giorno secondo le ricette della tradizione abruzzese, avvolti dalla luce radente del tramonto: antipasti, primi ai frutti di mare, frittura di paranza, brodetto di pesce (lu vrudatte della tradizione marinara) nel tegame di terracotta.

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Sotto il promontorio di San Vito Chietino il malconcio trabocco Turchino, di proprietà del comune, è silenzioso testimone del soggiorno del giovane Gabriele D’Annunzio nella casa rurale in cui visse due mesi con Barbara Leoni nell’estete del 1889. Un “buen retiro di santi anacoreti” nella quiete di questa costa affascinante e misteriosa dove traeva ispirazione per il romanzo “Trionfo della morte” nel quale la figura del pescatore si ispirava a Luigi Di Cintio, detto il Turchino, proprietario del trabocco che il vate così descriveva: “Proteso dagli scogli, simile ad un mostro in agguato, con i suoi cento arti il trabocco aveva un aspetto formidabile”.

Oggi i fasti letterari del vate qui si sono un po’ sbiaditi.

Rientrando al Residence Valle di Venere la cortese accoglienza di Davide crea i presupposti per una vacanza esperienziale ed emozionale, mentre l’arte culinaria collaudata da cinquant’anni di attività della mamma Elisa titilla i palati. A tavola si possono sperimentare i piatti della tradizione realizzati con materie prime di filiere di qualità: fiadone dolce e salato, pallotte cace e ove (polpette di formaggio e uova), pizza di granturco, peperoni secchi fritti, pizza con sarde e peperoni, agnello, carne di pecora, arrosticini, pecorino della transumanza, ventricina del vastese e salsicciotto frentano, gli ultimi due presidi Slow food, il bocconotto al cioccolato.

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L’Abruzzo è terra vocata al turismo all’aria aperta: 170.000 ettari di parchi e 38 riserve, 50.000 ettari di uliveti e 15.000 di vigneti. Il chietino è una delle province più vitate d’Italia e l’uva da tavola Regina e il Montepulciano d’Abruzzo sono delle eccellenze.

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I raccolti dei vitigni tradizionali Pecorino, Passerina e Cococciola confluiscono nelle grandi cooperative del territorio, come la storica Cantina Frentana il cui impianto verticale a torre basato sul principio della movimentazione per caduta limita l’uso di pompe e garantisce una migliore qualità al vino. All’ultimo livello è collocata la panoramica sala degustazione con vista a 360° sulla Maiella innevata. Grande attenzione a sostenibilità e impatto ambientale con i vini biologici, il “vigneto qualità” è un progetto sottoposto al controllo del processo produttivo e delle rese e la “banca dei vigneti” recupera vigneti a rischio di abbandono.

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Dove dormire: Residence Valle di Venere - Via Santa Maria, 5 - Fossacesia - tel. 0872608290

www.abruzzoakmzero.it 

www.cantinafrentana.it 

Foto: ©Tania Turnaturi e archivio TdV


 archivio

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