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Esposto in originale ai musei Capitolini il prezioso codice di Leonardo da Vinci sul volo degli uccelli.

Uno dei tanti sogni nascosti nel cassetto dei desideri di ciascun uomo è, da sempre, quello di saper volare. Neppure Leonardo da Vinci ne è stato immune tanto che ci ha lasciato un prezioso codice sulle osservazioni fatte e studiate sul volo degli uccelli.

Nell’inconscio di ciascun uomo è presente la madre che lo nutre e questo sentimento ha trovato corrispondenza con il desiderio del volo tanto da essere insieme divinizzati da una delle prime civiltà che li propone entrambi al culto religioso degli antichi egizi in un unica immagine personificata nella Dea-Madre Mut, uccello-avvoltoio.

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La dea Madre-Mut con il copricapo aureo dell’avvoltoio sulla testa. Sulla mano sinistra regge la chiave simbolo della vita e della maternità. Interessanti sono le raffigurazioni della dea in statuaria e in altorilievo

Un primo studio sul volo umano risale a 4 secoli prima di Cristo con la presentazione di una possibile costruzione di un oggetto alato grazie al matematico e filosofo Archita di Taranto. L’approccio scientifico e antidogmatico, però, che plasma i sogni dell’homo novus del Rinascimento che esce dai chiostri dei conventi e dalle università per prendersi un ruolo al centro del mondo si deve a Leonardo. Nelle sue osservazioni, come nel caso del codice esposto in mostra per la prima volta ai Musei Capitolini, possiamo trovare la migliore e più proficua sintesi tra atavica ambizione di librarsi in volo e primi progetti per prototipi di macchine volanti, scientificamente concepiti.
Scrivono in proposito i curatori: “L’originale del Codice del volo degli uccelli, custodito nella Biblioteca Reale di Torino sin dal 1893, è un quaderno in cui il genio toscano scrisse e illustrò i suoi studi sul volo. Basandosi sull’osservazione degli uccelli, Leonardo elaborò una vera e propria teoria attraverso la quale progettò le sue macchine volanti: l’analisi del volo degli uccelli fu condotta in modo rigorosamente meccanico elaborando progetti, appunti e disegni sulla fisionomia dei volatili, sulla resistenza dell’aria e sulle correnti”.

Alquanto singolare è la vicenda di come il Codice di Leonardo da Vinci sia giunto nel patrimonio della Biblioteca Reale di Torino. Merito di questo va riconosciuto a due illustri collezionisti stranieri: il russo Theodor Sabachnikoff, ricchissimo e di nobili origini che nel 1893 donò a re Umberto I^ il manoscritto, e il ginevrino Henri Fatio che completò l’omaggio aggiungendo al Codice le 4 pagine mancanti da lui rintracciate e acquistate nel 1920.

 Le peripezie dell’opera, infatti, sono ben note: insieme alle altre opere di Leonardo, il Codice fu ereditato dal suo allievo, Francesco Melzi, per testamento (datato 23 aprile 1519). Dalle mani di Francesco Melzi, che conservò gelosamente le opere nella sua villa di Vaprio D’Adda (in provincia di Milano), l’opera passò quindi nelle al suo successore, Orazio, che non dedicò le stesse attenzioni riservate da Francesco al patrimonio leonardesco, provocandone la prima, drammatica dispersione tra vari collezionisti. Uno di questi è il nobile Giovanni Ambrogio Mazenta, che arrivò a possedere ben tredici volumi riconducibili a Leonardo che donò, intorno al 1590, ai due fratelli, Alessandro e Guido, che nuovamente li dispersero vendendoli, in parte, a Pompeo Leoni, scultore e noto collezionista, responsabile dello smembramento di molti codici vinciani. Nel XVIII secolo il Codice approdò alla Biblioteca Ambrosiana di Milano, da dove fu trasferito, su ordine di Napoleone, all’Institut de France di Parigi. Intorno alla metà dell’Ottocento il manoscritto venne nuovamente trafugato, questa volta da Guglielmo Libri, noto «insigne matematico e ineguagliato saccheggiatore di biblioteche», diviso in due lotti, e quindi probabilmente disperso tra vari collezionisti. Negli ultimi anni dell’Ottocento il piemontese Giovanni Piumati, uno dei primi studiosi autorevoli dell’opera di Leonardo, e Theodor Sabachnikoff rintracciarono, comprarono e ricomposero, anche se non integralmente, i diversi fogli che componevano il manoscritto di Leonardo, donandoli ai Savoia; solo nel 1920 il Codice sul volo degli uccelli tornò completo, così come è conservato nella Biblioteca Reale di Torino.

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Leonardo da Vinci. – Raffigurazione del volo degli uccelli riportato su una delle pagine del codice

La nota amara di questa storia è offerta dalla vicenda personale del munifico principe russo Theodor Sabachnikoff che divenuto povero a seguito della rivoluzione bolscevica del 1917, si trasferisce a Torino e qui morirà povero e alcolizzato in una casa per indigenti.

Il Codice è composto da 18 carte e due copertine. Oltre alle osservazioni sul volo degli uccelli, le sue pagine contengono spiegazioni su come coniare medaglie, preparare i colori e molte altre coriosità. In questa mostra è esposto in questa mostra in un clima box appositamente realizzato che, mantenendo il corretto livello di umidità relativa, consente ai visitatori di ammirarlo nella sua completezza. Le apparecchiature multimediali touchscreen permettono di “sfogliarlo” virtualmente, di “navigarlo” in alta risoluzione e di “leggerlo” grazie alla trascrizione in italiano e in inglese. Arricchiscono l’esposizione alcune copie anastatiche del Codice, a partire dalla preziosa edizione francese di fine Ottocento, provenienti anch’esse dalla Biblioteca Reale di Torino.

Le pagine scritte sono accompagnate da un insieme di accurati disegni di volatili (il nibbio è l’uccello più rappresentato), meccanici e architettonici e figure geometriche.
A rendere ancora più prezioso il Codice sette disegni in sanguigna con figure vegetali e umane. Un mistero circonda le pagine del Codice: alla carta 10v sembra celarsi un autoritratto leonardesco. Fu il giornalista scientifico Piero Angela, in occasione di un’esposizione delle opere di Leonardo alla Reggia della Venaria Reale di Torino, ad evidenziarne la notevole somiglianza con il più famoso Autoritratto, già esposto ai Musei Capitolini nella mostra del 2015. Il giornalista si è avvalso delle sofisticate tecnologie della Polizia Scientifica (il RIS di Parma), per l’invecchiamento elettronico del volto intuendo così l’affinità tra i due.

Il Codice fu universalmente conosciuto quando una sua versione digitale fu inserita in un chip collocato sul “Rover Curiosity”, il robot inviato sul pianeta Marte, in un’operazione che ha visto la collaborazione della NASA e dell’Agenzia Spaziale Italiana.

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Tuta spaziale

Proprio il materiale utilizzato dagli astronauti nelle escursioni spaziali, dalla tuta ad un modellino di razzo, chiude questa interessante mostra dedicata al genio di Leonardo da Vinci in un omaggio ad uno scienziato che pose le basi per consentire agli uomini di alzarsi dalla terra e guardare in alto.

INFO: ROMA, Musei Capitolini, Palazzo Caffarelli, Piazza del Campidoglio. Fino al 17 aprile 2017 tutti i giorni dalle ore 9,30 alle 19,30. Biglietto d’ingresso intero €.15,00 comprensivo della Mostra più Museo, ridotto €.13,00; facilitazioni e gratuità previste dalla legge. Info su sito web: www.museicapitolini.org – www.museiincomune.it – telefoniche 060608

Foto © Donatello Urbani


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