Partiamo
La fiera è un buon motivo per scoprire le eccellenze enogastronomiche valdostane.

Sarà la 1017° edizione e si terrà come sempre il 30 e 31 gennaio prossimi. E’ la più importante manifestazione fieristica invernale dell’arco alpino e per i valdostani è l’espressione più importante di aggregazione e di celebrazione della propria identità culturale, da vivere con intensa partecipazione. 

Parliamo della Fiera di Sant’Orso, un evento che si celebra da tempi antichissimi: documenti del 1200 ed editti dei duchi d’Aosta ne attestano lo svolgimento alla fine di gennaio intorno alla Collegiata di Sant’Orso ad Aosta, ma la tradizione la fa risalire ancora più indietro, agli inizi del VI secolo, quando Sant’Orso, davanti alla chiesa iniziò a distribuire ai poveri indumenti e "sabot" o "ciabot", i tipici zoccoli di legno, robusti ed economici, che avevano il vantaggio di essere adatti ai rigidi mesi invernali, alla neve e al fango.

valle-daosta-la-fiera-di-santorso-e-i-prodotti-tipici-locali-05E i “sabot”, e gli innumerevoli oggetti in legno creati dalle mani esperte degli artigiani valdostani, sono ancora oggi i protagonisti principali della Fiera di Sant’Orso insieme a tanti altri prodotti artigianali e ai prodotti tipici enogastronomici. Gli artigiani e gli espositori provengono da tutte le vallate valdostane, e con i loro banchetti invadono il centro storico di Aosta: sculture in legno, oggetti in ferro battuto, sacche, selle e altra oggettistica in cuoio, tessuti di canapa e stoffe in lana lavorata su antichi telai, botti, merletti, oggetti in vimini e utensili agricoli quali i rastrelli per la fienagione, gli attrezzi per la raccolta della frutta, le gerle per il trasporto del raccolto, la “corbeille” per trasportare viveri e altro. Non mancano nemmeno le “grolle” o coppe dell’amicizia, una particolarità unica della Valle d’Aosta, una coppa bassa e rotonda con coperchio scavata in un unico blocco di legno. Il suo nome deriva da “graal”, calice in lingua d’oil, e la sua origine risale ai tempi antichi. E’ usata nelle riunioni conviviali, durante le quali i commensali bevono il vino caldo speziato tutti dallo stesso calice, utilizzando i diversi “becchi” o fori.

La notte tra il 30 e il 31 gennaio è il momento più importante della fiera: il centro storico di Aosta si anima con migliaia di persone che, aiutate a scaldarsi da un bicchiere di vin brulé, passeggiano per le vie illuminate: è la “Veillà”, la veglia in patois. Tra un banchetto e l’altro si degustano vini tipici e prodotti locali, tra cui il formaggio più famoso della Val d’Aosta, la fontina, riconosciuto come prodotto a denominazione di origine già nel 1955. Nel 1996 la fontina ha ottenuto la Denominazione di Origine Protetta (DOP) dall’Unione Europea.

La fontina, elemento base della gastronomia locale, è un formaggio grasso a pasta semicotta prodotto esclusivamente con latte intero crudo proveniente da una sola mungitura di mucche di razza valdostana alimentate con foraggio verde nel periodo estivo e fieno locale il resto dell'anno. Per fare una forma di fontina di circa 10 kg c’è bisogno di 100 litri di latte. Questo spiega la necessità per gli "arpian", i pastori degli alpeggi, di riunirsi per far sì che con il latte di tutti si riuscisse a fare una forma di fontina. La sua produzione ha origini antichissime, se ne ha testimonianza già intorno al 1270, ma il termine “fontina” compare per la prima volta nel 1717, in un documento dei monaci dell’Ospizio del Gran San Bernardo.  La stagionatura si effettua a 8/10 gradi per un minimo di 90 giorni, durante i quali le forme vengono rivoltate e salate più volte.  Il Consorzio Produttori e Tutela Fontina Dop effettua i dovuti controlli e solo quelle forme che rispondono a tutti i requisiti richiesti vengono immesse sul mercato come Fontina DOP. Le altre forme vengono vendute come formaggio valdostano. 

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Oggi in totale vengono prodotte oltre 400.000 forme di fontina l’anno, provenienti da 217 alpeggi che ospitano vacche da latte. I caseifici cooperativi sono 17 mentre i trasformatori privati circa una sessantina. Molti di loro  partecipano da 15 anni ad un concorso organizzato da Assessorato dell’agricoltura e risorse naturali, Chambre Valdôtaine e Consorzio Produttori e Tutela DOP Fontina, con il supporto tecnico della Cooperativa Produttori Latte e Fontina e della Fondazione per la Formazione Professionale Turistica di Châtillon,  che ha lo scopo di decretare la migliore “Fontina d’Alpage” dell’anno e offrire ai consumatori le più eccellenti produzioni annuali. Il concorso comporta la degustazione, da commissioni di assaggio formate da tecnici degustatori, giornalisti e semplici turisti, delle fontine in gara per un esame olfatto-gustativo che valuti il sapore, il profumo, l’aroma, l’elasticità e il colore della pasta. Ai dieci produttori delle Fontine Dop d’alpeggio finaliste vengono assegnate 4 Grande Médaille d’Or e 6 Médaille d’Or. 

Per saperne di più sulla fontina e una visione d'insieme dell'intera filiera produttiva è possibile visitare l’interessantissimo centro visitatori di Valpelline e il suo magazzino di stagionatura, ricavato nella galleria di accesso ad un’antica miniera di rame sfruttata fino al 1946. Il magazzino è la più grande struttura di stagionatura presente in Val d’Aosta e ha una capacità complessiva di 60.000 forme. (www.fontinacoop.com)

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Interessante anche la visita della "Maison de l'Alpage" di Valtournenche, allestita nello storico Rascard d'Entrèves, un edificio del XVIII secolo riqualificato. Il museo, dedicato alla tradizionale pratica dell'alpeggio, attraverso video e altre attività esperienziali permette ai visitatori di approfondire le tematiche legate al mondo del pascolo, l'alpeggio e le razze bovine valdostane.  

Ma anche se la fontina è il prodotto valdostano più noto, ce ne sono anche altri che si fregiano della DOP:  sono il lardo di Arnad, il Jambon de Bosses e il Fromadzo, un formaggio stagionato prodotto con latte vaccino al quale si possono aggiungere piccole quantità di latte caprino, magro o parzialmente scremato, ed erbe aromatiche.

Novità interessanti anche nel campo dei vini, cresciuti in qualità e quantità negli ultimi anni. Qualità che con la DOC Valle d’Aosta si è guadagnata numerosi riconoscimenti a livello nazionale e internazionale. La produzione, circa 2 milioni di bottiglie certificate, viene per il 70% consumata localmente, grazie in particolare al turismo che porta ogni anno in Valle tre milioni di visitatori. Il restante viene esportato o acquistato dai turisti al rientro a casa. Il vitigno a bacca rossa più coltivato è il Petit Rouge, autoctono per eccellenza grazie alla sua notevole tolleranza al freddo e alla siccità. Altri vitigni autoctoni che vengono vinificati in assemblaggio col petit rouge sono il Fumin, secondo al Petit Rouge per diffusione tra gli autoctoni, il Mayolet, il Cornalin e il Vien de Nus. Tra i vitigni a bacca bianca si distinguono il Blanc de Morgex, lo Chambave Muscat e il Muscat Petit Grain, autoctoni, il Petite Arvine, lo Chardonnay e il Muller-Thurgau. Uno dei posti migliori per visite e degustazioni è la Cave des Onze Communes di Aymavilles, che riunisce duecentoventi soci che lavorano una sessantina di ettari di vigneti localizzati lungo la destra e la sinistra orografica della Dora Baltea. Nata nel 1990 produce annualmente circa 450mila bottiglie  con 14 DOC “Valle d’Aosta”. (www.caveonzecommunes.it)

Per maggiori informazioni: www.regione.vda.it/agricoltura - www.lovevda.it

Foto © Marina Cioccoloni 

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